Grassi buoni o cattivi? Facciamo chiarezza.
Grassi buoni o cattivi?
I grassi assunti con la dieta, che apportano 9 chilocalorie per grammo, da sempre sono stati additati come i responsabili di varie problematiche come l’obesità e le cardiopatie. Ma non tutti i grassi nuocciono alla nostra salute e oggi anche nei confronti dei grassi saturi, considerati i più pericolosi, l’opinione sta lentamente cambiando. Come abbiamo già visto in un precedente articolo, il grasso più nocivo è quello che si accumula a livello viscerale.
La cattiva reputazione dei grassi è stata attribuita in buona parte al colesterolo, ma come sappiamo il colesterolo è indispensabile per la formazione dei sali biliari e precursore di vari ormoni (DHEA, pregnenolone, aldosterone, cortisolo, vitamina D e ormoni sessuali), inoltre è un componente strutturale delle membrane cellulari. Il colesterolo che misuriamo nel sangue non indica in maniere diretta il colesterolo assunto con gli alimenti (solo un 20% proviene dall’alimentazione) poiché viene prodotto dal fegato. Il colesterolo nel sangue viene veicolato da lipoproteine di varia densità e quelle maggiormenti aterogene, responsabili di ictus e infarto, sono le small dense-LDL che si ossidano e passano più facilmente la membrana endoteliale dei vasi sanguigni. L’aumento dei trigliceridi nel sangue invece è legato soprattutto all’eccesso di grassi saturi introdotti con la dieta, ma anche di zuccheri e alcol, che vengono convertiti in trigliceridi. Si è visto quindi che ad aumentare i trigliceridi e le LDL non è tanto il colesterolo assunto con la dieta ma gli acidi grassi idrogenati associati ad un alto contenuto di zuccheri raffinati, tipico esempio sono i prodotti da forno che innalzano i livelli di insulina nel sangue.
Uova e colesterolo
Rispetto a quello che si riteneva un tempo oggi possiamo consumare le uova con più tranquillità. Infatti anche se nel tuorlo di un uovo sono contenuti circa 200 milligrammi di colesterolo (l’80% del consumo giornaliero consigliato), bisogna ricordare che le uova, fresche e possibilmente biologiche, forniscono proteine ad altissimo valore biologico, un buon rapporto di ferro eme e di vitamine tra cui la B12 e la vitamina D.
L’effetto del colesterolo assunto con le uova è molto meno dannoso rispetto ai grassi idrogenati, saturi e agli zuccheri. In alcuni studi si è addirittura dimostrato che il consumo frequente (14 uova alla settimana) ha favorito l’aumento delle HDL e la riduzione delle sd-LDL.
Occorre però prestare attenzione al metodo di cottura facendo in modo che il tuorlo rimanga crudo, questo per fare si che il colesterolo non venga ossidato. Quindi evitare le frittate e preferire l’uovo alla coque, da consumare 2-3 volte alla settimana.
Oggi sappiamo come l’infiammazione cronica, che è stata ridefinita come “la madre di tutte le lesioni”, è sostenuta da sostanze come le prostaglandine la cui produzione dipende da numerosi fattori nutrizionali, ma soprattutto ad avere un ruolo decisivo è il rapporto sbilanciato tra acidi grassi saturi e insaturi e quello tra acidi grassi polinsaturi omega-6 e omega-3 (Wall R. 2010).
Una dieta che apporta le giuste proporzioni di grassi favorisce l’aumento delle HDL (che veicola il “colesterolo buono”) a discapito dei trigliceridi e delle LDL. Diversi studi mostrano che un elavato apporto di acidi grassi polinsaturi e di acidi grassi monoinsaturi riduce il rischio di patologie neurodegenerative con declino cognitivo. Infatti i neuroni sono le cellule grasse per eccellenza.
Il rapporto ideale tra omega-6 (acido linoleico) e omega-3 (acido alfa-linolenico) dovrebbe essere tra 4:1 e 2:1, ma attualmente è così squilibrato che nella popolazione americana si arriva a 25:1 e in quella europea a 10:1 o 15:1. Questo è il motivo che porta a un’eccessiva produzione di eicosanoidi infiammatori (prostaglandine, leucotrieni e trombossani) responsabili di patologie cardiocircolatorie, osteoarticolari e neurodegenerative. Utile quindi, per ridurre il rischio di queste patologie sostenute dall’infiammazione cronica, oltre il test degli eicosanoidi, aumentare l’apporto con la dieta degli omega-3 ed eventualmente ricorrere alla supplementazione diretta con nutraceutici di omega-3 (EPA e DHA).
L’acido alfa-linolenico (ALA), acido grasso essenziale e capostipite della famiglia degli omega-3, è presente nell’olio di lino e i suoi derivati (EPA e DHA) si trovano in abbondanza nei pesci come sgombro, sarde e aringhe.
Tra gli acidi grassi monoinsaturi ricordiamo l’acido oleico presente in alte concentrazioni nell’olio di oliva e capace di abbassare i livelli di colesterolo totale e aumentare i livelli delle HDL.
Alcuni disturbi possono evidenziare la necessità di integrare la nostra alimentazione con gli Omega 3.
Ecco i campanelli d’allarme che ci fanno capire se ne assumiamo troppo pochi:
■ occhi secchi;
■ difficoltà di concentrazione;
■ alterazioni dell’umore;
■ unghie e capelli fragili;
■ problemi cardiovascolari;
■ disturbi della pelle;
■ dolori articolari e infiammazioni.
Consigli alimentari per una dieta antinfiammatoria:
- Aumentare l’apporto di grassi omega-3 con noci, semi di lino, e pesce (sgombro, sarde e alici);
- Eliminare i prodotti che contengono grassi idrogenati (margarina, oli vegetali idrogenati, fast food) leggendo attentamente l’etichetta di prodotti da forno, di pasticceria e “dolci della casa”;
- Ridurre l’apporto dei grassi saturi di origine animale come carni rosse, soprattutto se di animali da allevamento, burro e formaggi stagionati. In generale possiamo dire che 1/3 dei grassi dovrebbe provenire da fonti animali e per 2/3 da fonti vegetali;
- Evitare la frittura come metodo di cottura;
- Limitare l’assunzione contemporanea di grassi e zuccheri raffinati o carboidrati ad alto indice glicemico;
- Introdurre spezie con proprietà antinfiammatorie come lo zenzero e la curcuma;
- Valutare con un medico competente in materia la supplementazione con nutraceutici a base di omega-3 (1-2 grammi al giorno che apportano circa 300-500 mg di EPA e 200-300 mg di DHA).
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